Sport, cibo e nuove dipendenze: l'ossessione per la forma fisica
Correre, andare in palestra, fino a quando la forma fisica diventa ossessione e si comincia a vivere ossessionati dalla forma fisica.
I nuovi disturbi di una società basata sull'apparenza e non sulla auto-realizzazione della persona come insieme bio-pscio-sociale.
Ortoressia: è l’ossessione maniacale per i cibi sani. Descritta per la prima volta nel 1997 dal dietologo Steven Bratman, americano, salutista pentito. che si è auto-diagnosticato la malattia quando ha capito che l’ansia di mangiare sano gli stava rovinando la vita.
Si manifesta quando l’attenzione alla scelta degli alimenti e perfino alla masticazione porta al rifiuto di tutto quanto è considerato "malsano", e alla fine all’isolamento della persona o a frequentare solo persone altrettanto malate.
Euforia del corridore: è la sensazione di benessere che secondo alcuni studiosi sarebbe generata durante la corsa, dalle endorfine prodotte dall’organismo per proteggersi dal dolore e sopportare lo sforzo. E’ dovuta all’anandamide, un cannabinoide analogo alla marijuana prodotto spontaneamente dall’organismo.
Dismorfofobia: detta anche disturbo da dismorfobismo corporeo, è la preoccupazione ossessiva per il proprio aspetto fisico, che può portare ad ingigantire un difetto minimo o inesistente, tanto da compromettere le relazioni sociali o imporre interventi di chirurgia plastica uno dietro l'altro. In casi estremi può portare al suicidio.
Sindrome dello Yo Yo: continuo alternarsi di diete drastiche -con conseguente dimagrimento- e periodi di recupero del peso. La conseguenza è uno squilibrio della composizione corporea, che porta a incrementare progressivamente la massa grassa a scapito del tessuto muscolare.
Sindrome di Highlander: l’atteggiamento degli atleti di mezza età che continuano l’attività fisica dopo l’agonismo giovanile, o la riprendono in età avanzata dopo un lungo periodo di vita sedentaria. Spinti dalla competitività, o da una bassa autostima sviluppano la sensazione di essere appunto immortali, trascurando i pericoli derivanti da un’attività fisica intensa esercitata senza le dovute cautele superata l'età giovanile.
Vigoressia – bigoressia (La sindrome di Adone): il malessere degli uomini che non si vedono abbastanza muscolosi, e trascorrono le giornate in palestra. Uno studio mostra che il 30% dei giovani ne soffrirebbe in forma lieve. Nei casi più gravi può portare anche all’abuso di farmaci anabolizzanti.
Tanoressia: è l’ossessione dell’abbronzatura a tutti i costi. Un neologismo che identifica, quanti, specie giovanissimi, frequentano centri per l’abbronzatura e apprezzano il proprio aspetto solo quando sono molto abbronzati. Un fenomeno di costume che può sconfinare nel disturbo ossessivo-compulsivo, oltre ad aumentare il rischio di cancro della pelle.
Se ti identifichi in uno dei comportamenti sopra descritti e vuoi ritrovare il senso del vivere, l'armonia e la serenità, la sofrologia caycediana è un valido percorso.
In sofrologia lavoriamo per rinforzare 3 qualità (ovvero modi di essere), necessarie per lo sviluppo della persona umana nella sua
totalità:
- la fiducia in sè stessi
- l’armonia fisica e mentale
- la capacità di entusiasmo, di speranza e di ottimismo
1. LA FIDUCIA IN SE STESSI
Che cos’è la fiducia in sè stessi?
E’ il sentimento di avere un valore ai propri occhi e agli occhi degli altri. E’ un sentimento legato al SENTIMENTO DI ESISTERE e al SENTIMENTO DI CAPACITA’ (sentire di essere capaci di realizzare le cose, anche se sono nuove o sconosciute).
La fiducia in sé è la BASE DI TUTTE LE RELAZIONI (relazione con sé stessi, relazione con l’altro, in relazione agli altri, relazione col mondo).
Come tutti gli altri sentimenti, la fiducia in sé stessi non è un dono acquisito una volte per tutte. E’ come un cantiere in
perpetua evoluzione sul quale dobbiamo lavorare permanentemente. Per questa ragione durante le tecniche sofrologiche, attiviamo sempre il sentimento di fiducia in noi stessi, prima di terminare la sessione coi nostri pazienti o prima di terminare il nostro training personale.
Avere fiducia in sé stessi è sentire il potere realizzativo verso le cose in libertà,sicurezza e serenità, con la convinzione di essere degni, grandi e responsabili.
“Responsabili” in questo senso: spesso non possiamo modificare gli avvenimenti ma ciononostante siamo noi i maestri del modo di accoglierli nella nostra vita, siamo responsabili del modo in cui accettiamo di viverli. Ed è una fortuna poter scegliere il modo di vivere col colore che vogliamo.Avere fiducia in sé stessi è un tirocinio, un cammino proiettato all’esistenza (“la vita val la pena d’essere vissuta…lo merito…sono capace…penso che riuscirò”). Un apprendimento che è in movimento, dinamico, e che permette di elaborare progetti e assumere impegni senza la paura di fallire.
E’ un tirocinio, un apprendimento che permette di sentirsi sicuri, comodi e in stato di benessere davanti alle più diverse situazioni della vita. E’ un tirocinio anche per farsi accettare dagli altri senza perdere la propria identità, per poter andare verso gli altri senza sentirsi vulnerabili e alla mercé degli altri.
La mancanza di fiducia in sé stessi produce inibizione, induce a non fare, a non riuscire a fare, e a non riuscire a prendere decisioni, e frena la crescita personale (“non valgo niente, non sono all’altezza, sono un incapace, non ho esperienza, mi conosco non ce la farò”)
Non bisogna confondere la fiducia in sé con la stima di sé: la prima trascina l’altra e sono entrambe necessarie per il completamento di
sé.
La fiducia in sè stessi è un sentimento.
La stima di sé è un giudizio.
E’ il giudizio, l’apprezzamento che diamo a noi stessi. Per William James (The principals of psychology, 1890) la stima di sè è: “la coscienza del mio valore”.
Quindi, se la fiduciain sé è il sentimento di avere un valore, la stima di sé è una valutazione del nostro valore, un apprezzamento cognitivo.
La stima di sé è apprezzarsi, rispettarsi, accettarsi quali si è coi propri valori e il pensiero di acquisirne altri, di continuare a progredire nel cammino esistenziale.
Un tale apprezzamento ed una tale valutazione sono personali. Ciascuno valuta i propri valori, la propria grandezza, la propria dimensione. Non è la Sofrologia che valuta: il Sofrologo non giudica il valore delle persone ma è solo un aiuto affinché si scoprano ed è un accompagnatore nel far sì che si sviluppino. E’ per citare il creatore della Sofrologia: “Permettere alla persona di prendere coscienza della sua grandezza, è accrescere la sua ragione di vivere” (A. Caycedo, 29 giugno 1989, Les Escaldes, Andorra).
Nella fiducia in sé la questione è: “io sono CAPACE?”
Nella stima di sé la questione è: “io sono VALIDO, ho un VALORE?
Se la risposta è sì, c’è un’alta stima di sé. In questo caso la stima di sé è un giudizio positivo. Un giudizio che non ha nulla ha a che vedere con l’arroganza, la vanità, l’orgoglio, il narcisismo, l’egoismo, l’egocentrismo o l’individualismo ma è parte integrante del principio esistenziale dell’individualità, in senso caycediano. Un giudizio
positivo senza negare i propri limiti, i punti forti, gli errori, vedere ipropri fallimenti e riconoscerli come tali senza intaccare minimamente il
rispetto che si ha verso sé stessi e verso i propri valori.
Al contrario, la disistima di sé allena il ritiro, la solitudine, la sofferenza, i fallimenti, la violenza (contro sé stessi e contro gli altri) e tutta una serie di patologie.
Si tratta dunque di “stimaresé stessi di una stima giusta tra la disistima e la sovrastima”
Non bisogna confondere la stima di sé con l’immagine di sé.
L’immagine di sé è la rappresentazione soggettiva di sé, la “visione” di sé.
Diremo più precisamente che l’immagine di sè è “la rappresentazione che una persona si fa del suo status corporale, del suo status psicologico e del suo status socio-relazionale".Essa è, possiamo dire, la nostra carta di identità psicologica e sociale, con la nostra fotografia “mentale”, che attesta la nostra nazionalità esistenziale (Pierre Guirchoun, 1989). Una carta di identità soggettiva,puramente personale, perché, abbiamo precisato, l’immagine di sé è una rappresentazione interpretata: se l’immagine che abbiamo di noi è quella di un essere inferiore, gli altri ci tratteranno come una persona inferiore, di poca importanza; se l’immagine che abbiamo di noi è quella di un essere autentico, gli altri ci percepiranno come una persona vera, degna di fiducia.
L’immagine di sé è quella che determina il nostro comportamento e le nostre attitudini con gli altri: perché noi ci guardiamo allo specchio prima di andare a un appuntamento importante, a una serata mondana o al lavoro?
I nostri atti, la nostra condotta, il nostro comportamento, le nostre attitudini, sono in funzione dell’immagine che abbiamo di noi stessi e l’immagine di sé non è sempre identica a sé stessa: viene modificata a seconda dello stato d’animo, morale, affettivo…e seconda delle situazioni e degli avvenimenti vissuti.
L’immagine di sé può essere accettata o no (quindi è alla base delle nevrosi e del complesso di inferiorità), può essere falsa o distorta (dunque alla base delle psicosi, delle dismorfobie). Nelle patologie dell’immagine di sé c’è anche la megalomania. E’ a partire da un’immagine di sé vissuta come insoddisfacente e inaccettabile che la persona arriva a sviluppare questo o quell’altro disturbo (per esempio anoressia mentale), fino ad arrivare a delle dipendenze, per esempio da un corpo fantasma (body building). Per alcuni il culto dell’apparenza è l’anima del loro progetto esistenziale.
Si parla allora di “coscienza velata” (nel senso dato da Caycedo) quando lo scarto, la distanza tra l’immagine che abbiamo di noi stessi (ovvero il modo in cui ci rappresentiamo, vediamo noi stessi) e l’immagine ideale che ci piacerebbe avere (ovvero come desideriamo essere) o quella che pensiamo di dover avere per valere qualcosa, è grande.
In realtà, in partenza, in coscienza ordinaria, noi non siamo affatto quello che crediamo di essere (in coscienza patologica si può avere un’immagine di sé priva di valore). Il lavoro sofrologico assiologico caycediano, grazie al suo movimento ermeneutico, ci permette – di allenamento vivenziale in allenamento vivenziale - di diventare consapevoli di ciò che ci rimane da scoprire di noi stessi, di conquistare e
trasformare il nostro essere per approdare a questa primordiale e meravigliosa qualità: l’AUTENTICITA’.
E’ la ragione per cui il creatore della sofrologia fa assurgere a principio fondamentale quello dello “schema corporale come realtà vissuta”, nella pratica del metodo. Non più corpo come macchina da allenamento ma un corpo saggio, ricco di vissuti: il nostro corpo siamo noi!
Non bisogna confondere la fiducia in sé con la coscienza di sé.
La coscienza di sé forma l’insieme delle realtà intrapersonali e interpersonali di cui abbiamo conoscenza chiara, conoscenza cognitiva e affettiva, emozionale, corporale, sensoriale, comportamentale e sociale. La coscienza globale che si ha di sé stessi. Raggruppa altresì le dimensioni succitate: immagine di sé, stima di sé, fiducia in sé.
FIDUCIA IN SE’ =coscienza affettiva del propriovalore globale SENTIMENTO
STIMA DI SE’ =coscienza cognitiva del proprio valore globale GIUDIZIO
IMMAGINE DI SE’ =coscienza contemplativa del proprio valore globale RAPPRESENTAZIONE
COSCIENZA DI SE’= coscienza della totalità corpo-spirito-valore TOTALIZZAZIONE
2. L’ARMONIA FISICA E MENTALE
La parola armonia si trova già nella prima sillaba della parola Sofrologia la cui radice greca è, lo ricordiamo, SOS.
L’armonia fisica e mentale è sentirsi in accordo con sé stessi, con la vita e con sé stessi, con la propria vita psichica, col proprio corpo, con la propria forma, la pelle, gli organi, le cellule (la “felicità vitale” di cui parla Caycedo), è sentirsi in armonia con la vita intorno, con l’universo, e in pace, con un sentimento fatto di serenità e voluttà, e interiormente lucidi.
L’armonia fisica è l’armonia nella propria interiorità corporale, nella propria “busta” corporale, in tutto il ME CORPORALE.
L’armonia mentale è l’appagamento dello spirito, la calma dei flussi mentali, l’equilibrio delle funzioni mentali che permettono la guarigione rimanendo alla presenza di sé e alla presenza del mondo,sgombrata da tutti gli ingombri negativi.
Essere in armonia fisica e mentale è “sentirsi essere sé stessi in unitàcorpo-spirito. Per il Sofrologo, nella sua formazione d’essere e di essere al
mondo, l’armonia tra il suo corpo e il suo spirito, ovvero l’armonia con se stesso, va ad allenare automaticamente il sentimento di essere in armonia coi suoi pazienti e la voglia di comunicarlo loro. Sentirsi in armonia con gli altri, favorisce dunque quella capacità che possiamo chiamare capacità al dono. Noi siamo altresì pieni di positivo, pieni d’amore e pieni della disposizione alla condivisione dell’amore, ovvero a dare e ricevere”(P. Guirchoun, estratti di un corso al Deuxième Année de la Formation des Sophrologues).
L’armonia fisica e mentale si ottiene grazie a una intenzionalità orientata verso il corpo, vita positiva (fino al livello molecolare), e orientata verso lo spirito che, se si pensa in positivo,permette una “integrazione dinamicadell’essere” (A. Caycedo).
3. LA CAPACITA’ DI ENTUSIASMO, DI SPERANZA, DI OTTIMISMO
L’entusiasmo è uno stato d’umore positivo e un’attitudine della coscienza che consiste nel vivere ogni situazione con brio e con vitalità, nell’imparare a gustare gli avvenimenti con gioia, nel compiere le proprie azioni con calore e felicità, vissute interiormente e non forzatamente per dimostrare qualcosa, e tale modus vivendi apporta un sentimento fatto disoddisfazione, felicità e completezza. Essere entusiasti è agire con energia evolontà (non con un sentimento di potenza o di superiorità ma con una tranquillità gioiosa) in uno stato di pienezza felice. “Una
donna gioiosa guarisce più di una femmina triste” diceva Galeno (131-2019, uno dei padri della medicina insieme a Ippocrate.
A questo sentimento vissuto corporalmente e affettivamente, il prof. Caycedo ha dato il nome di felicità vitale. Cosa ci fa capire questo
appellativo?
La felicità vitale non va confusa con la ricerca accanita di uno stato di euforia permanente, di grazia beata o di felicità assoluta e perfetta, lontana dalla realtà oggettiva. Lungi dall’essere uno stato perpetuo di esaltazione incontrollata o di traboccante gaiezza, non è nemmeno un sentimento di potenza irrazionale o al contrario di estasi passiva. La felicità vitale si inscrive in dei momenti scelti e precisi che chiamiamo, in sofrologia caycediana, “pause froniche di integrazione”. Sono dei momenti di ricentratura su sé stessi,ancor più in profondità, dei momenti di interiorizzazione dei fenomeni positivi che si rivelano durante la vivenza, dei momenti di armonizzazione generale (“pausa fronica di totalizzazione”), dei momenti vissuti pieni del “qui e ora” di ogni pausa.
La speranza è una fiducia realista nella positività dell’avvenire (e non una fiducia ingenua, eccessiva, candida, utopica o irrealizzabile ma una fiducia veritiera che si appoggia sulla convinzione misurata nelle proprie capacità di riuscire).
E’ una forte credenza in un esito positivo dei propri progetti, basata sulle proprie capacità personali integrate nella coscienza. Non bisogna confondere la speranza col fato o col destino (anche positivi): “La strada di una coscienza libera non consiste nel seguire una strada già tracciata ma nel fare il proprio cammino”
E’ nel Secondo Grado del Metodo Caycedo che sviluppiamo la FUTURIZZAZIONE, una delle grandi capacità della coscienza. “Futurizzare è essere capaci di mettere in atto un’azione in vista di, che si appoggia su una realizzazione concreta (e non illusoria, utopica, speculativa o supposta). Futurizzare è la capacità di proiettarsi nel futuro contando sulle proprie possibilità, rimanendo nella vivenza (quello che chiamiamo “attivare
la futurizzazione”) in modo da prendere coscienza della nostra capacità di mobilitare le nostre forze (= forze positive, forze di vita), di poter agire sul
nostro futuro che allora vivremo in ben altro modo, rinforzando anche il nostro sentimento presente di vivere pienamente-
Il vissuto futurizzato è vissuto al presente nella coscienza, e si integra nella coscienza, facendo sì che i nostri progetti futurizzati divengano programmi di azione.
L’ottimismo,fondato sulla speranza vera (e non su una speranza vaga, sfocata) è una disposizione assiologica della coscienza, che consiste nel vedere il lato buono delle cose, le loro qualità, nel pensare bene delle persone, nel comprendere i loro valori. L’ottimismo è ben di più che l’assenza di idee nere e non è in nessun caso un prevedere risultati ma una attitudine fiduciosa, serena e gioiosa di una possibilità positiva (con, in qualche parte di sé, un elevato livello di certezza che nemmeno un fallimento ipotetico può diminuire questa fiducia e questa gioia). Per semplificare, diciamo che l’ottimismo non è una predizione né una previsione ma un’intima convinzione che le cose andranno bene (in tutti casi con una forte credenza nelle nostre capacità di adattamento).
OTTIMISMO E REALTA’ OGGETTIVA
Benchè possa sembrare sorprendente, sono gli ottimisti che hanno maggior senso della realtà oggettiva, perché sono aperti
al campo del possibile (di tutto il possibile). I pessimisti prendono in considerazione gli scenari in modo falso, rigido o distorto, e dunque l’esito è già scontato, unico e negativo. La Sofrologia Caycediana permette, grazie al lavoro di sviluppo della nostra coscienza, di allargare i nostri orizzonti e di rinforzare in noi stessi l’ottimismo, lavoro di allenamento basato sul “principio della realtà oggettiva"
Caycedo).
L’ottimismo, insieme alla RESPONSABILITA', rende creativi e lucidi per affrontare le difficoltà con una visione di sintesi, per meglio resistere ai rischi della vita. L’ottimismo permette l’apertura alle opportunità e alle prospettive. Ci rende aperti al mondo ed agli altri: ci rende affabili e socievoli. Coltivare l’entusiasmo e l’ottimismo ha un’azione positiva sul nostro ben-essere e possiamo condividere con gli altri il nostro ben-divenire personale.
Questo ben-essere, comunicato e condiviso con gli altri, non si condivide per semplice contagio automatico ma per una rete sottile di messaggi che si trasmettono di coscienza in coscienza grazie a un nuovo modo di entrare in contatto con gli altri, per un funzionamento psicosociale divento altro (un funzionamento esistenziale e relazionale improntato alla gioia, alla simpatia, alla generosità, all’empatia e all’amore).
CONCLUSIONI
“Un nano che ha una buona immagine di sé trionferà su un colosso che sta male con se stesso”.
Attivando sistematicamente queste tre qualità di base, al momento della pratica sofrologica,noi rinforziamo la convinzione di avere la possibilità di esprimere facilmente e lucidamente (dunque senza deviazioni e senza disturbo) le nostre idee, le nostre opinioni, i nostri sentimenti, le nostre richieste, le nostre istanze, le nostre volontà…sentendoci in accordo con noi stessi e con coloro ai quali le esprimiamo.
Si sviluppano così un sentimento (la fiducia in sé stessi) e un’opinione (la stima di sé) positivi, giusti e lucidi nel guardare sé stessi. In questo modo si diventa attori di sé stessi in una relazione interattiva positiva con gli altri.
L’attivazione sistematica di queste tre qualità aumenta i nostri sentimenti di valore, di grandezza, di utilità, di apprezzamento verso la vita, e ci permette di avanzare con sicurezza e determinazione.
LA FIDUCIA IN SE’ STESSI, L’ARMONIA FISICA E MENTALE, e la CAPACITA’ D’ENTUSIASMO, di SPERANZA e di OTTIMISMO
formano l’insieme delle nostre forze coscienti che ci aiutano a realizzare (quindi a poter fare le cose) e a realizzarci (dunque a poterci
realizzare). Queste tre qualità, integrate durante il lavoro sofrologico caycediano, rinforzano il sentimento di esistere”
Essere fiduciosi è riconoscersi forti (non superiori agli altri ma decisamente unici e diversi)
Sentirsi in armonia fisica e mentale è sentirsi in pieno accordo con sé stessi (non soli con sé stessi ma nel e col nostro ambiente) e ci permette di avanzare sereni nel cammino verso di sé e verso gli altri.
Svilupparsi con entusiasmo, speranza e ottimismo, non con una beata e ingenua speranza ma con un’attenta intenzionalità, insieme serena e gioiosa verso il futuro, che abbiamo la convinzione di vivere nel modo
migliore possibile. L’ottimismo, prendendo in considerazione positivamente l’avvenire, con spirito di fiducia, permette di rapportarsi all’esistenza con la certezza realista di avere le qualità necessarie per la riuscita di sé stessi e delle proprie azioni, qualunque siano gli sbocchi e le prove che incontreremo, con la certezza che, quali che siano, non rimbalzeranno sulla stima di noi stessi.
E’ per le ragioni suesposte che durante la terapia sofrologica caycediana, il Sofrologo invita i suoi pazienti a impararericonoscere i loro lati buoni, le qualità e gli attributi positivi, a metterein rilievo i punti di forza, i talenti, a mandare avanti le loro attività,sottolineare i loro meriti, a mettere l’accento sull’efficacia personale e
sulle buone performances, a rinforzare i talenti, a valorizzare le competenze,ad arricchire quanto hanno acquisito, a sviluppare le loro capacità, ad andare avanti con forza, sicurezza e determinazione, perché “il sentimento delle nostreforze le aumenta”
I nuovi disturbi di una società basata sull'apparenza e non sulla auto-realizzazione della persona come insieme bio-pscio-sociale.
Ortoressia: è l’ossessione maniacale per i cibi sani. Descritta per la prima volta nel 1997 dal dietologo Steven Bratman, americano, salutista pentito. che si è auto-diagnosticato la malattia quando ha capito che l’ansia di mangiare sano gli stava rovinando la vita.
Si manifesta quando l’attenzione alla scelta degli alimenti e perfino alla masticazione porta al rifiuto di tutto quanto è considerato "malsano", e alla fine all’isolamento della persona o a frequentare solo persone altrettanto malate.
Euforia del corridore: è la sensazione di benessere che secondo alcuni studiosi sarebbe generata durante la corsa, dalle endorfine prodotte dall’organismo per proteggersi dal dolore e sopportare lo sforzo. E’ dovuta all’anandamide, un cannabinoide analogo alla marijuana prodotto spontaneamente dall’organismo.
Dismorfofobia: detta anche disturbo da dismorfobismo corporeo, è la preoccupazione ossessiva per il proprio aspetto fisico, che può portare ad ingigantire un difetto minimo o inesistente, tanto da compromettere le relazioni sociali o imporre interventi di chirurgia plastica uno dietro l'altro. In casi estremi può portare al suicidio.
Sindrome dello Yo Yo: continuo alternarsi di diete drastiche -con conseguente dimagrimento- e periodi di recupero del peso. La conseguenza è uno squilibrio della composizione corporea, che porta a incrementare progressivamente la massa grassa a scapito del tessuto muscolare.
Sindrome di Highlander: l’atteggiamento degli atleti di mezza età che continuano l’attività fisica dopo l’agonismo giovanile, o la riprendono in età avanzata dopo un lungo periodo di vita sedentaria. Spinti dalla competitività, o da una bassa autostima sviluppano la sensazione di essere appunto immortali, trascurando i pericoli derivanti da un’attività fisica intensa esercitata senza le dovute cautele superata l'età giovanile.
Vigoressia – bigoressia (La sindrome di Adone): il malessere degli uomini che non si vedono abbastanza muscolosi, e trascorrono le giornate in palestra. Uno studio mostra che il 30% dei giovani ne soffrirebbe in forma lieve. Nei casi più gravi può portare anche all’abuso di farmaci anabolizzanti.
Tanoressia: è l’ossessione dell’abbronzatura a tutti i costi. Un neologismo che identifica, quanti, specie giovanissimi, frequentano centri per l’abbronzatura e apprezzano il proprio aspetto solo quando sono molto abbronzati. Un fenomeno di costume che può sconfinare nel disturbo ossessivo-compulsivo, oltre ad aumentare il rischio di cancro della pelle.
Se ti identifichi in uno dei comportamenti sopra descritti e vuoi ritrovare il senso del vivere, l'armonia e la serenità, la sofrologia caycediana è un valido percorso.
In sofrologia lavoriamo per rinforzare 3 qualità (ovvero modi di essere), necessarie per lo sviluppo della persona umana nella sua
totalità:
- la fiducia in sè stessi
- l’armonia fisica e mentale
- la capacità di entusiasmo, di speranza e di ottimismo
1. LA FIDUCIA IN SE STESSI
Che cos’è la fiducia in sè stessi?
E’ il sentimento di avere un valore ai propri occhi e agli occhi degli altri. E’ un sentimento legato al SENTIMENTO DI ESISTERE e al SENTIMENTO DI CAPACITA’ (sentire di essere capaci di realizzare le cose, anche se sono nuove o sconosciute).
La fiducia in sé è la BASE DI TUTTE LE RELAZIONI (relazione con sé stessi, relazione con l’altro, in relazione agli altri, relazione col mondo).
Come tutti gli altri sentimenti, la fiducia in sé stessi non è un dono acquisito una volte per tutte. E’ come un cantiere in
perpetua evoluzione sul quale dobbiamo lavorare permanentemente. Per questa ragione durante le tecniche sofrologiche, attiviamo sempre il sentimento di fiducia in noi stessi, prima di terminare la sessione coi nostri pazienti o prima di terminare il nostro training personale.
Avere fiducia in sé stessi è sentire il potere realizzativo verso le cose in libertà,sicurezza e serenità, con la convinzione di essere degni, grandi e responsabili.
“Responsabili” in questo senso: spesso non possiamo modificare gli avvenimenti ma ciononostante siamo noi i maestri del modo di accoglierli nella nostra vita, siamo responsabili del modo in cui accettiamo di viverli. Ed è una fortuna poter scegliere il modo di vivere col colore che vogliamo.Avere fiducia in sé stessi è un tirocinio, un cammino proiettato all’esistenza (“la vita val la pena d’essere vissuta…lo merito…sono capace…penso che riuscirò”). Un apprendimento che è in movimento, dinamico, e che permette di elaborare progetti e assumere impegni senza la paura di fallire.
E’ un tirocinio, un apprendimento che permette di sentirsi sicuri, comodi e in stato di benessere davanti alle più diverse situazioni della vita. E’ un tirocinio anche per farsi accettare dagli altri senza perdere la propria identità, per poter andare verso gli altri senza sentirsi vulnerabili e alla mercé degli altri.
La mancanza di fiducia in sé stessi produce inibizione, induce a non fare, a non riuscire a fare, e a non riuscire a prendere decisioni, e frena la crescita personale (“non valgo niente, non sono all’altezza, sono un incapace, non ho esperienza, mi conosco non ce la farò”)
Non bisogna confondere la fiducia in sé con la stima di sé: la prima trascina l’altra e sono entrambe necessarie per il completamento di
sé.
La fiducia in sè stessi è un sentimento.
La stima di sé è un giudizio.
E’ il giudizio, l’apprezzamento che diamo a noi stessi. Per William James (The principals of psychology, 1890) la stima di sè è: “la coscienza del mio valore”.
Quindi, se la fiduciain sé è il sentimento di avere un valore, la stima di sé è una valutazione del nostro valore, un apprezzamento cognitivo.
La stima di sé è apprezzarsi, rispettarsi, accettarsi quali si è coi propri valori e il pensiero di acquisirne altri, di continuare a progredire nel cammino esistenziale.
Un tale apprezzamento ed una tale valutazione sono personali. Ciascuno valuta i propri valori, la propria grandezza, la propria dimensione. Non è la Sofrologia che valuta: il Sofrologo non giudica il valore delle persone ma è solo un aiuto affinché si scoprano ed è un accompagnatore nel far sì che si sviluppino. E’ per citare il creatore della Sofrologia: “Permettere alla persona di prendere coscienza della sua grandezza, è accrescere la sua ragione di vivere” (A. Caycedo, 29 giugno 1989, Les Escaldes, Andorra).
Nella fiducia in sé la questione è: “io sono CAPACE?”
Nella stima di sé la questione è: “io sono VALIDO, ho un VALORE?
Se la risposta è sì, c’è un’alta stima di sé. In questo caso la stima di sé è un giudizio positivo. Un giudizio che non ha nulla ha a che vedere con l’arroganza, la vanità, l’orgoglio, il narcisismo, l’egoismo, l’egocentrismo o l’individualismo ma è parte integrante del principio esistenziale dell’individualità, in senso caycediano. Un giudizio
positivo senza negare i propri limiti, i punti forti, gli errori, vedere ipropri fallimenti e riconoscerli come tali senza intaccare minimamente il
rispetto che si ha verso sé stessi e verso i propri valori.
Al contrario, la disistima di sé allena il ritiro, la solitudine, la sofferenza, i fallimenti, la violenza (contro sé stessi e contro gli altri) e tutta una serie di patologie.
Si tratta dunque di “stimaresé stessi di una stima giusta tra la disistima e la sovrastima”
Non bisogna confondere la stima di sé con l’immagine di sé.
L’immagine di sé è la rappresentazione soggettiva di sé, la “visione” di sé.
Diremo più precisamente che l’immagine di sè è “la rappresentazione che una persona si fa del suo status corporale, del suo status psicologico e del suo status socio-relazionale".Essa è, possiamo dire, la nostra carta di identità psicologica e sociale, con la nostra fotografia “mentale”, che attesta la nostra nazionalità esistenziale (Pierre Guirchoun, 1989). Una carta di identità soggettiva,puramente personale, perché, abbiamo precisato, l’immagine di sé è una rappresentazione interpretata: se l’immagine che abbiamo di noi è quella di un essere inferiore, gli altri ci tratteranno come una persona inferiore, di poca importanza; se l’immagine che abbiamo di noi è quella di un essere autentico, gli altri ci percepiranno come una persona vera, degna di fiducia.
L’immagine di sé è quella che determina il nostro comportamento e le nostre attitudini con gli altri: perché noi ci guardiamo allo specchio prima di andare a un appuntamento importante, a una serata mondana o al lavoro?
I nostri atti, la nostra condotta, il nostro comportamento, le nostre attitudini, sono in funzione dell’immagine che abbiamo di noi stessi e l’immagine di sé non è sempre identica a sé stessa: viene modificata a seconda dello stato d’animo, morale, affettivo…e seconda delle situazioni e degli avvenimenti vissuti.
L’immagine di sé può essere accettata o no (quindi è alla base delle nevrosi e del complesso di inferiorità), può essere falsa o distorta (dunque alla base delle psicosi, delle dismorfobie). Nelle patologie dell’immagine di sé c’è anche la megalomania. E’ a partire da un’immagine di sé vissuta come insoddisfacente e inaccettabile che la persona arriva a sviluppare questo o quell’altro disturbo (per esempio anoressia mentale), fino ad arrivare a delle dipendenze, per esempio da un corpo fantasma (body building). Per alcuni il culto dell’apparenza è l’anima del loro progetto esistenziale.
Si parla allora di “coscienza velata” (nel senso dato da Caycedo) quando lo scarto, la distanza tra l’immagine che abbiamo di noi stessi (ovvero il modo in cui ci rappresentiamo, vediamo noi stessi) e l’immagine ideale che ci piacerebbe avere (ovvero come desideriamo essere) o quella che pensiamo di dover avere per valere qualcosa, è grande.
In realtà, in partenza, in coscienza ordinaria, noi non siamo affatto quello che crediamo di essere (in coscienza patologica si può avere un’immagine di sé priva di valore). Il lavoro sofrologico assiologico caycediano, grazie al suo movimento ermeneutico, ci permette – di allenamento vivenziale in allenamento vivenziale - di diventare consapevoli di ciò che ci rimane da scoprire di noi stessi, di conquistare e
trasformare il nostro essere per approdare a questa primordiale e meravigliosa qualità: l’AUTENTICITA’.
E’ la ragione per cui il creatore della sofrologia fa assurgere a principio fondamentale quello dello “schema corporale come realtà vissuta”, nella pratica del metodo. Non più corpo come macchina da allenamento ma un corpo saggio, ricco di vissuti: il nostro corpo siamo noi!
Non bisogna confondere la fiducia in sé con la coscienza di sé.
La coscienza di sé forma l’insieme delle realtà intrapersonali e interpersonali di cui abbiamo conoscenza chiara, conoscenza cognitiva e affettiva, emozionale, corporale, sensoriale, comportamentale e sociale. La coscienza globale che si ha di sé stessi. Raggruppa altresì le dimensioni succitate: immagine di sé, stima di sé, fiducia in sé.
FIDUCIA IN SE’ =coscienza affettiva del propriovalore globale SENTIMENTO
STIMA DI SE’ =coscienza cognitiva del proprio valore globale GIUDIZIO
IMMAGINE DI SE’ =coscienza contemplativa del proprio valore globale RAPPRESENTAZIONE
COSCIENZA DI SE’= coscienza della totalità corpo-spirito-valore TOTALIZZAZIONE
2. L’ARMONIA FISICA E MENTALE
La parola armonia si trova già nella prima sillaba della parola Sofrologia la cui radice greca è, lo ricordiamo, SOS.
L’armonia fisica e mentale è sentirsi in accordo con sé stessi, con la vita e con sé stessi, con la propria vita psichica, col proprio corpo, con la propria forma, la pelle, gli organi, le cellule (la “felicità vitale” di cui parla Caycedo), è sentirsi in armonia con la vita intorno, con l’universo, e in pace, con un sentimento fatto di serenità e voluttà, e interiormente lucidi.
L’armonia fisica è l’armonia nella propria interiorità corporale, nella propria “busta” corporale, in tutto il ME CORPORALE.
L’armonia mentale è l’appagamento dello spirito, la calma dei flussi mentali, l’equilibrio delle funzioni mentali che permettono la guarigione rimanendo alla presenza di sé e alla presenza del mondo,sgombrata da tutti gli ingombri negativi.
Essere in armonia fisica e mentale è “sentirsi essere sé stessi in unitàcorpo-spirito. Per il Sofrologo, nella sua formazione d’essere e di essere al
mondo, l’armonia tra il suo corpo e il suo spirito, ovvero l’armonia con se stesso, va ad allenare automaticamente il sentimento di essere in armonia coi suoi pazienti e la voglia di comunicarlo loro. Sentirsi in armonia con gli altri, favorisce dunque quella capacità che possiamo chiamare capacità al dono. Noi siamo altresì pieni di positivo, pieni d’amore e pieni della disposizione alla condivisione dell’amore, ovvero a dare e ricevere”(P. Guirchoun, estratti di un corso al Deuxième Année de la Formation des Sophrologues).
L’armonia fisica e mentale si ottiene grazie a una intenzionalità orientata verso il corpo, vita positiva (fino al livello molecolare), e orientata verso lo spirito che, se si pensa in positivo,permette una “integrazione dinamicadell’essere” (A. Caycedo).
3. LA CAPACITA’ DI ENTUSIASMO, DI SPERANZA, DI OTTIMISMO
L’entusiasmo è uno stato d’umore positivo e un’attitudine della coscienza che consiste nel vivere ogni situazione con brio e con vitalità, nell’imparare a gustare gli avvenimenti con gioia, nel compiere le proprie azioni con calore e felicità, vissute interiormente e non forzatamente per dimostrare qualcosa, e tale modus vivendi apporta un sentimento fatto disoddisfazione, felicità e completezza. Essere entusiasti è agire con energia evolontà (non con un sentimento di potenza o di superiorità ma con una tranquillità gioiosa) in uno stato di pienezza felice. “Una
donna gioiosa guarisce più di una femmina triste” diceva Galeno (131-2019, uno dei padri della medicina insieme a Ippocrate.
A questo sentimento vissuto corporalmente e affettivamente, il prof. Caycedo ha dato il nome di felicità vitale. Cosa ci fa capire questo
appellativo?
La felicità vitale non va confusa con la ricerca accanita di uno stato di euforia permanente, di grazia beata o di felicità assoluta e perfetta, lontana dalla realtà oggettiva. Lungi dall’essere uno stato perpetuo di esaltazione incontrollata o di traboccante gaiezza, non è nemmeno un sentimento di potenza irrazionale o al contrario di estasi passiva. La felicità vitale si inscrive in dei momenti scelti e precisi che chiamiamo, in sofrologia caycediana, “pause froniche di integrazione”. Sono dei momenti di ricentratura su sé stessi,ancor più in profondità, dei momenti di interiorizzazione dei fenomeni positivi che si rivelano durante la vivenza, dei momenti di armonizzazione generale (“pausa fronica di totalizzazione”), dei momenti vissuti pieni del “qui e ora” di ogni pausa.
La speranza è una fiducia realista nella positività dell’avvenire (e non una fiducia ingenua, eccessiva, candida, utopica o irrealizzabile ma una fiducia veritiera che si appoggia sulla convinzione misurata nelle proprie capacità di riuscire).
E’ una forte credenza in un esito positivo dei propri progetti, basata sulle proprie capacità personali integrate nella coscienza. Non bisogna confondere la speranza col fato o col destino (anche positivi): “La strada di una coscienza libera non consiste nel seguire una strada già tracciata ma nel fare il proprio cammino”
E’ nel Secondo Grado del Metodo Caycedo che sviluppiamo la FUTURIZZAZIONE, una delle grandi capacità della coscienza. “Futurizzare è essere capaci di mettere in atto un’azione in vista di, che si appoggia su una realizzazione concreta (e non illusoria, utopica, speculativa o supposta). Futurizzare è la capacità di proiettarsi nel futuro contando sulle proprie possibilità, rimanendo nella vivenza (quello che chiamiamo “attivare
la futurizzazione”) in modo da prendere coscienza della nostra capacità di mobilitare le nostre forze (= forze positive, forze di vita), di poter agire sul
nostro futuro che allora vivremo in ben altro modo, rinforzando anche il nostro sentimento presente di vivere pienamente-
Il vissuto futurizzato è vissuto al presente nella coscienza, e si integra nella coscienza, facendo sì che i nostri progetti futurizzati divengano programmi di azione.
L’ottimismo,fondato sulla speranza vera (e non su una speranza vaga, sfocata) è una disposizione assiologica della coscienza, che consiste nel vedere il lato buono delle cose, le loro qualità, nel pensare bene delle persone, nel comprendere i loro valori. L’ottimismo è ben di più che l’assenza di idee nere e non è in nessun caso un prevedere risultati ma una attitudine fiduciosa, serena e gioiosa di una possibilità positiva (con, in qualche parte di sé, un elevato livello di certezza che nemmeno un fallimento ipotetico può diminuire questa fiducia e questa gioia). Per semplificare, diciamo che l’ottimismo non è una predizione né una previsione ma un’intima convinzione che le cose andranno bene (in tutti casi con una forte credenza nelle nostre capacità di adattamento).
OTTIMISMO E REALTA’ OGGETTIVA
Benchè possa sembrare sorprendente, sono gli ottimisti che hanno maggior senso della realtà oggettiva, perché sono aperti
al campo del possibile (di tutto il possibile). I pessimisti prendono in considerazione gli scenari in modo falso, rigido o distorto, e dunque l’esito è già scontato, unico e negativo. La Sofrologia Caycediana permette, grazie al lavoro di sviluppo della nostra coscienza, di allargare i nostri orizzonti e di rinforzare in noi stessi l’ottimismo, lavoro di allenamento basato sul “principio della realtà oggettiva"
Caycedo).
L’ottimismo, insieme alla RESPONSABILITA', rende creativi e lucidi per affrontare le difficoltà con una visione di sintesi, per meglio resistere ai rischi della vita. L’ottimismo permette l’apertura alle opportunità e alle prospettive. Ci rende aperti al mondo ed agli altri: ci rende affabili e socievoli. Coltivare l’entusiasmo e l’ottimismo ha un’azione positiva sul nostro ben-essere e possiamo condividere con gli altri il nostro ben-divenire personale.
Questo ben-essere, comunicato e condiviso con gli altri, non si condivide per semplice contagio automatico ma per una rete sottile di messaggi che si trasmettono di coscienza in coscienza grazie a un nuovo modo di entrare in contatto con gli altri, per un funzionamento psicosociale divento altro (un funzionamento esistenziale e relazionale improntato alla gioia, alla simpatia, alla generosità, all’empatia e all’amore).
CONCLUSIONI
“Un nano che ha una buona immagine di sé trionferà su un colosso che sta male con se stesso”.
Attivando sistematicamente queste tre qualità di base, al momento della pratica sofrologica,noi rinforziamo la convinzione di avere la possibilità di esprimere facilmente e lucidamente (dunque senza deviazioni e senza disturbo) le nostre idee, le nostre opinioni, i nostri sentimenti, le nostre richieste, le nostre istanze, le nostre volontà…sentendoci in accordo con noi stessi e con coloro ai quali le esprimiamo.
Si sviluppano così un sentimento (la fiducia in sé stessi) e un’opinione (la stima di sé) positivi, giusti e lucidi nel guardare sé stessi. In questo modo si diventa attori di sé stessi in una relazione interattiva positiva con gli altri.
L’attivazione sistematica di queste tre qualità aumenta i nostri sentimenti di valore, di grandezza, di utilità, di apprezzamento verso la vita, e ci permette di avanzare con sicurezza e determinazione.
LA FIDUCIA IN SE’ STESSI, L’ARMONIA FISICA E MENTALE, e la CAPACITA’ D’ENTUSIASMO, di SPERANZA e di OTTIMISMO
formano l’insieme delle nostre forze coscienti che ci aiutano a realizzare (quindi a poter fare le cose) e a realizzarci (dunque a poterci
realizzare). Queste tre qualità, integrate durante il lavoro sofrologico caycediano, rinforzano il sentimento di esistere”
Essere fiduciosi è riconoscersi forti (non superiori agli altri ma decisamente unici e diversi)
Sentirsi in armonia fisica e mentale è sentirsi in pieno accordo con sé stessi (non soli con sé stessi ma nel e col nostro ambiente) e ci permette di avanzare sereni nel cammino verso di sé e verso gli altri.
Svilupparsi con entusiasmo, speranza e ottimismo, non con una beata e ingenua speranza ma con un’attenta intenzionalità, insieme serena e gioiosa verso il futuro, che abbiamo la convinzione di vivere nel modo
migliore possibile. L’ottimismo, prendendo in considerazione positivamente l’avvenire, con spirito di fiducia, permette di rapportarsi all’esistenza con la certezza realista di avere le qualità necessarie per la riuscita di sé stessi e delle proprie azioni, qualunque siano gli sbocchi e le prove che incontreremo, con la certezza che, quali che siano, non rimbalzeranno sulla stima di noi stessi.
E’ per le ragioni suesposte che durante la terapia sofrologica caycediana, il Sofrologo invita i suoi pazienti a impararericonoscere i loro lati buoni, le qualità e gli attributi positivi, a metterein rilievo i punti di forza, i talenti, a mandare avanti le loro attività,sottolineare i loro meriti, a mettere l’accento sull’efficacia personale e
sulle buone performances, a rinforzare i talenti, a valorizzare le competenze,ad arricchire quanto hanno acquisito, a sviluppare le loro capacità, ad andare avanti con forza, sicurezza e determinazione, perché “il sentimento delle nostreforze le aumenta”